REPUBBLICA DI MONTEFIORINO

Nino Colombari

 

 

    Nella primavera del 1944, come già in attività nelle province di Reggio Emilia e Bologna, il P.C.I. Modenese decise di creare un apparato militare sotto forma di bande armate e "gappiste’’ per la città, la bassa modenese e in diverse località dell’Appennino modenese. Per le zone di montagna venne scelto, quale comandante e responsabile politico, un comunista di Pavullo nel Frignano (MO) che assunse il nome di copertura "Armando’’ e diede vita alla Brigata Garibaldi Riveda.

        Nei mesi di giugno e luglio 1944 il Comando provinciale della G.N.R. di Modena decise di ritirare la Guardia Nazionale Repubblicana in molte località dell’Appennino modenese lasciando ai Carabinieri il controllo dell’ordine pubblico. Queste località dopo il ritiro del contingente della GNR vennero occupate dai partigiani comunisti comandati da Mario Ricci, detto "Armando’’.

    La notizia che importanti centri come Frassinoro, Polignago, Frignano ecc. non erano più presidiati dalle Guardie della GNR, divenne operativa ai primi di giugno 1944.

    I capi partigiani, sorpresi essi stessi dal precipitare della situazione, diedero ordine ai loro uomini di occupare i presidî che la GNR e i tedeschi avevano evacuato.

    L’unico comune della zona ancora presidiato dalla GNR era quello di Montefiorino, un grosso borgo di circa settemila abitanti.

    Il 13 giugno "Armando’’ fu così in grado di raggruppare le proprie bande nella prima divisione Garibaldi Modena. Allorché la sera del 15 giugno giunse la notizia che anche il presidio di Montefiore stava ripiegando.

    La notizia, prima della caduta di Roma e dello sbarco alleato in Normandia, creò nel campo partigiano uno stato di autentica ebbrezza. E si misero a giocare al nuovo Stato, con l’idea di contrapporre alla Repubblica di Mussolini una repubblica partigiana. Il 18 giugno 1944 il campanone di Montefiorino si mise a suonare a stormo, dando vita alla cosiddetta "repubblica di Montefiorino’’.

    La notizia che nella zona dell’Appennino modenese si era costituita una "zona libera’’ partigiana giunse anche al comando alleato. Ben presto, mentre cominciava l’afflusso di materiale bellico avio-lanciato dagli angloamericani, gli Ufficiali alleati, di concerto con Armando elaborarono un ambizioso piano operativo che doveva fare della "repubblica di Montefiorino’’ un elemento strategico decisivo nel quadro dell’affluenza verso la valle del Po.

    I tedeschi erano giustamente allarmati da questa costituenda "fortezza’’ dietro le loro linee che metteva in pericolo tutto il loro schieramento sull’Appennino tosco-emiliano. Essi erano al corrente di ufficiali e tecnici alleati che collaboravano con l’ "Armando’’.

    La cosiddetta "fortezza di Monte-fiorino’’ era composta esclusivamente di ex prigionieri sovietici al comando di A.V. Tarasov, un comunista russo che dopo l’8 settembre era rimasto per alcune settimane nella fattoria dei fratelli Cervi a Campegine di Reggio Emilia. Dopo l’arresto dei fratelli Cervi, Tarasov si era portato nel modenese con il concorso di altri suoi connazionali e aveva costituito il "battaglione sovietico’’ dotato di un armamento più scelto e potente rispetto a quello delle bande partigiane italiane.

    Il generale Messerle, che comandava il dispositivo tedesco del Sud Emilia, inviò un suo Ufficiale al comando partigiano di Montefiorino con il compito di trattare una tregua, ponendo delle precise condizioni che non vennero accettate dall’Armando.

    Al Comando italo-tedesco non restò quindi che ricorrere alla maniera forte, vale a dire al rastrellamento.

    Tra il 20 e 26 luglio 1944 furono convogliati nella zona due battaglioni della GNR e circa duemila soldati tedeschi. Di fronte avevano circa duemila guerriglieri. Tra questi il "battaglione sovietico’’ costituiva il punto di forza dello schieramento partigiano.

    All’alba del 28 luglio 1944 le truppe italo-germaniche iniziarono il loro movimento in direzione di Montefiorino.

    L’attacco venne condotto da tre colonne, due provenienti da nord (Carpiteri e Castellarano) e una da sud (Piandelagotti) in base al classico piano di "rastrellamento ad anello’’.

    La più grossa resistenza opposta da singoli gruppi di guerriglieri fu quella del "battaglione sovietico’’ che sapeva di lottare per la propria sopravvivenza. La difesa partigiana venne infranta dovunque. Tutti i grossi centri, compreso Montefiorino, caddero nelle mani delle truppe italo-tedesche.

    Armando, gli ufficiali alleati e un migliaio di uomini, raggiunsero in Toscana le Divisioni americane. Così fu che la tanto decantata "repubblica di Montefiorino’’ ebbe la durata di un sospiro.

    Il 15 dicembre 1953 l’onorevole democristiano Alessandro Coppi dichiarava: "Troppo spesso nel linguaggio comune si parla di guerra civile. Quale guerra civile? Se altrimenti fosse, io direi che le medaglie che ornano i gonfaloni dei nostri Municipi e delle nostre Province andrebbero strappate e gettate nel crogiuolo per ritornare semplice metallo. Se si tolgono i presunti, i sedicenti e gli assassini, i partigiani veri rimangono veramente pochi!’’.

    Nel breve periodo di esistenza della cosiddetta "repubblica di Montefiorino’’ (circa sei settimane) le bande partigiane comuniste assassinarono (in quanto loro prigionieri da tempo) 14 Militi della GNR, in località Pianello, che dista circa un chilometro dal comune di Montefiorino, a colpi di mitragliatrice dopo averli denudati e lasciati per tre giorni nel luogo del massacro! E altri 19 Militi in zone limitrofe a Montefiorino.

    Il parroco di Vitriola, frazione di Montefiorino, Don Pietro Cassinelli, che ha provveduto alla sepoltura dei 14 Militi della G.N.R. nel cimitero di Vitriola, mi ha confermato quanto su descritto.

Assassinati in località Pianello:

    Barbieri Federico, Casati Luigi, Castellani Alfredo, Cassinelli Antonio, Castelli Costante, Colombari Pietro, Corsini Armido, Landi Alfredo, Lania Domenico, Mattei Domenico, Nasi Enzo, Sanna Salvatore, Santini Giuseppe, Cap. GNR Zanotti Andrea.

Altri militi della GNR assassinati e uccisi alle spalle in località limitrofe a Montefiorino:

    Gerli Giovan Battista, Allievo ufficiale, ucciso a Montefiorino l’8 marzo 1944

    Astolfi Dante, ucciso a Montefiorino, recuperata la salma il 22 aprile 1945

    Bonaccini Mario, assassinato dai partigiani sul Monte Spino di Palavano

    Bonvicini Venturino, ucciso il 22 marzo 1944 a Montefiorino

    Pedrelli Gian Bruno, Brigadiere della GNR assassinato a Montefiorino perché disse "non mi arrendo’’.

    Prati Ildo, nato nel 1932, ucciso a Montefiorino il 28 aprile 1944 dai partigiani comunisti

    Ricci Vittorio, di Pietro, assassinato a Montefiorino il 30/6/1944. Salma mai ritrovata

    Campeggi Emilio, guardia di custodia, ucciso a Montefiorino il 15 giugno 1944.

    Cassanelli Alderigo, come sopra

    Casari Giuseppe, come sopra

    Castellani Alessandro come sopra

    Dal Bue Raffaele come sopra

    Germiniasi Angiolino come sopra

    Giubbolini Angelo come sopra

    Gozzi Guerrino come sopra

    Malagoli ? come sopra in forza al 3° battaglione Italiano di Polizia

    Montorri Nando come sopra

    Moscardini Gian Battista come sopra

    Piana Luigi come sopra

Civili assassinati:

    Parenti Dina, Ausiliaria, 45 anni, impiccata a Santa Giulia insieme ad una ragazza di 16 anni: Donatella Pietra, detta Pierina, il 31 agosto 1944

    Binachessi Arrigo, ucciso a Montefiorino nel maggio 1944

    Bocchi Maria, assassinata a Montefiorino nel febbraio 1945

    Buffignani Siro, di Montefiorino, assassinato il 10 gennaio 1945

    Cavazzini Maria, di Montefiorino, assassinata dai partigiani nel 1944, tuttora ignota la sepoltura.

    Ferrari Dario, fu Pietro, di anni 28, assassinato dai comunisti il 20 giugno 1944 a Montefiorino.

    Gualtieri Valdina, in Martini, residente a Montefiorino. Bruciata viva in casa. Il marito Ercole, riuscito a fuggire in un primo momento, venne raggiunto e assassinato dai partigiani comunisti il 4 giugno 1944 a Gusciola di Montefiorino.

    Idri Ilario, assassinato il 31 luglio 1944 a Montefiorino.

    Ugolini ?, anni 70. Geometra a Vitriola di Montefiorino. Torturato e assassinato a Romanoro.

    Bertacca Lamberto, massacrato dai partigiani a Limidi di Soliera con altri 6 legionari. Catturato ancora vivo, gli venne ingiunto di gridare, se voleva salva la vita, "Viva i partigiani, viva la Russia’’. Rispose gridando "Viva l’Italia’’ e venne subito ucciso.

    Purtroppo l’elenco degli uccisi e assassinati dai partigiani comunisti al comando di Armando è largamente incompleto.

    Quando ho raccolto i nominativi degli uccisi e assassinati militari della RSI e civili, regnava ancora il terrore nelle diverse persone interrogate e quindi l’omertà quasi assoluta.

    Aggiungo altri criminali episodi di cui si sono "gloriati’’ i cosiddetti "liberatori’’ partigiani prevalentemente comunisti.

    L’inverno 1944/45 fu ricco di episodi di inaudita ferocia: il "massacro della Casa Rossa’’ e la "strage della famiglia Pallotti’’.

    In viale Carducci, a Carpi, in un edificio denominato "Casa Rossa’’ abitava una povera famiglia, composta di donne e di un solo uomo. Una famiglia di contadini che si era sempre disinteressata di politica. Ma la più giovane delle sue componenti era fidanzata con un fascista repubblicano. I partigiani comunisti decisero quindi di uccidere tutti gli abitanti della "Casa Rossa’’.

    La notte dell’8 gennaio 1945, la casa fu invasa dai guerriglieri armati. Virginia Moranti, Domenica Gatti, Anna Maria Sacchi, Maria Poli e Secondo Martinelli furono raggiunti ognuno nelle loro stanze e falciati a raffiche di mitra. L’ultima superstite della famiglia, Cita Vincenti, ottantenne e paralitica, che non aveva potuto alzarsi dal letto, venne uccisa con un colpo in bocca.

    La notte seguente, a San Damaso, fu la volta dell’intera famiglia Pallotti, composta da Carlo Pallotti, Veterinario, la moglie Maria e i figli Luciano di 14 anni e Maria Luisa di 12 anni. Salendo una scaletta, tre armati raggiunsero il piano superiore. Si udì un ordine secco seguito da raffiche di mitra. Poi più nulla. Carlo Pallotti, sua moglie e i due bambini giacevano riversi sul pavimento di mattoni, unendo i loro rivoli di sangue. Carlo Pallotti fu spogliato della bella giubba di pelle che indossava, alla Signora Maria furono tolti gli orecchini, l’orologio da polso e le fedi. A Maria Luisa venne strappata una medaglietta della Madonna. Così terminò l’ "azione di guerra’’ dei giustizieri!

    Testimone di questo inaudito cruente massacro fu il contadino Fernando Vaschieri al quale gli assassini dissero: "Non ti muovere fino all’alba. Stattene tranquillo perché hai visto cosa succede ai nostri nemici’’. Terrorizzato il Vaschieri non si mosse sino all’alba del giorno seguente.

    A guerra finita i massacratori della famiglia Pallotti vennero identificati dalla Polizia e il 31/3/1949 il Prefetto di Modena indirizzò al ministero degli Interni il dispaccio seguente: "L’orrendo crimine, per la qualità delle vittime e l’efferatezza con cui fu consumato, destò unanime raccapriccio e nulla fu inventato’’.

    Alla strage parteciparono: Reggianini Michele di 28 anni, Maletti Dante di anni 29, Sarnesi Savino di 23 anni, Benassi Ennio di anni 23, Costantini Giuseppe di 41 anni, Menabue Gerardo di anni 35 ed altri due non ancora identificati, facenti parte delle squadre Sap e Gap. I partigiani arrestati confessarono la strage. Furono assolti per avere agito in base a ordini superiori e perché il fatto costituiva "azione di guerra’’. Sinistra giustizia proletaria!

NUOVO FRONTE N. 209 Aprile-Maggio 2001 


 
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